“Tera brigasca”, la civiltà delle malghe e la cucina bianca.

Sembra incredibile che, a poco più di 40 km dalla costa, 30 in linea d’aria, a meno di un’ora di strada insomma, si passi dalla sabbia e dalle distese di pianticelle della Piana di Albenga all’alta montagna, con le tipiche case alpine in pietra, le ciappe sui tetti, gli abbeveratoi e soprattutto lei, la cucina bianca.
Lassù, a Mendatica, Cosio d’Arroscia, Montegrosso Pian Latte, Pornassio, Triora dove il grano e le patate non mancavano, insieme ad alcuni ortaggi poco colorati, dove non arrivava il pomodoro e gli allevamenti di pecora brigasca erano l’unica forma di sostentamento, la base proteica era rappresentata dal formaggio. Per tale motivo quindi, per l’assenza di sughi rossi, la cucina era definita “bianca”.
A Mendatica, cuore della cucina bianca, le donne impastavano acqua e farina e sugli spianatoi allungavano la pasta per preparare i “sugeli” una sorta di gnocchetto servito con il gustosissimo bruss, formaggio tipico ottenuto dalla ricotta. “Gli uomini, intanto, su negli alpeggi,” racconta Emidia Lantrua, Presidente della Strada della Cucina Bianca “ preparavano il fuoco e mettevano acqua in pentola a bollire. La farina non mancava mai e impastavano, quindi strappavano un po’ di pasta, la appiattivano come potevano e buttavano a cuocere. Nascevano così i tipici “streppa e caccialà”. Ma molti altri sono i piatti della tradizione, che oggi sono stati recuperati.

Allora, cosa aspetti? Visita questi borghi e, troverai gente orgogliosa delle proprie tradizioni, sincera ed accogliente.

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