Aglio, col bene che ti voglio…

Per il medico di Nerone serviva a schiarire la voce, secondo Ovidio e Plinio era un rimedio contro asma e veleni, ai tempi di Enrico IV si somministrava crudo come antidoto alla peste ed ancor prima gli atleti greci dei giochi olimpici ne masticavano un po’ prima della gara; mentre secondo la letteratura dell’Europa centrale una collana di fiori di aglio legata alla testata del letto allontanava spiriti maligni e naturalmente i vampiri.

L’aglio è forse una delle piante coltivate più antiche della storia dell’umanità. Le prime tracce scritte, su testi in sanscrito, ne testimoniano un impiego terapeutico e alimentare 5.000 anni fa. Già allora, forse, nella piccola vallata dell’Arroscia, dove oggi sorge Vessalico (entroterra di Albenga), cresceva una delle migliori qualità. Di certo oggi il prodotto è considerato uno dei più tipici della Liguria e uno dei più apprezzati a livello nazionale, protetto dall’elenco dei prodotti agro alimentari tradizionali (dop), riscoperto da Slow Food e dalla Comunità Valle Arroscia. E anche quest’anno, come accade da altri duecentocinquanta anni, il 2 luglio si svolgerà nel paese l’antichissima Fiera dell’aglio, istituita per la prima volta il primo maggio del 1760, per volontà della Repubblica di Genova. Sul grande prato dei Canavei, recintato da alberi di castagno, si trovano le bancarelle in cui si espongono e vendono le trecce dell’aglio più buono e famoso d’Italia. E’ questa anche una delle poche occasioni per fare acquisti: la produzione è talmente scarsa che quasi tutta viene esaurita nel corso della fiera.

Sapevi che a Vessalico sopravvive da secoli questo prodotto che non ha pari per aroma (delicato), sapore (intenso e leggermente piccante) e soprattutto per capacità di conservazione (se riposto in una buona cantina, dura anche un anno)? L’aglio di Vessalico è coltivato fin dall’antichità con metodi assolutamente originali.

Il segreto del gusto unico sta nella semenza, che come il sistema di coltura viene tramandata di generazione in generazione. Le piante che hanno raggiunto il giusto grado di maturazione, vengono raccolte, sistemate per qualche tempo in luoghi ombrosi e poi confezionate in trecce dette “reste”, un modo che permette l’essiccazione lenta adatta a mantenere gli spicchi profumati a lungo. Questa operazione si svolge solo la sera e la mattina, quando le teste sono più umide e le foglie non si spezzano. Le piante, non essendo recise, continuano a nutrire l’aglio e a mantenerlo sano per molti mesi.

Per quanto riguarda la coltivazione, i contadini di Vessalico seguono regole ben precise, quasi “magiche”. Gli spicchi migliori, esterni al bulbo, vengono piantati rigorosamente tra ottobre e novembre “di luna vecchia”, dopo averli posti per una notte in una soluzione di acqua e prodotti a base di rame. I solchi vengono scavati a mano e ricoperti con poca terra. A mano si elimina anche l’erba, che cresce attorno ai bulbi. Le piante si sradicano verso la fine di giugno, qualche giorno prima della fiera. L’area di produzione è una superficie di pochi ettari, tra i 400 e i 500 metri di altitudine.